Autismo e psicoterapia psicoanalitica: risultati di una ricerca in corso

Le nuove scoperte neuroscientifiche e genetiche sull’autismo hanno spinto a interrogarsi sull’efficacia delle psicoterapie con i pazienti affetti da tali patologie. Sono senz’altro necessari interventi educativo–abilitativi, che consentano l’acquisizione di competenze rispetto  all’autonomia. Tuttavia non è possibile intervenire solo sullo stato deficitario senza considerare la vita mentale ed affettiva del paziente, né si può ignorare la sofferenza che la patologia può comportare.
Al fine di verificare l’importanza di una relazione “umana” nei pazienti con disturbi autistici, dal 2009 si è strutturato un gruppo di ricerca italiano che si inserisce nel più ampio progetto di ricerca diretto dall’INSERM, ente pubblico di ricerca sulla salute e la medicina in Francia (Institut National de Santé et de Recherche Médicale, https://www.inserm.fr/en). La ricerca si propone di valutare l’efficacia della psicoterapia psicoanalitica su bambini e adolescenti affetti da disturbi dello spettro autistico. La ricerca è tuttora in corso e al momento sono stati pubblicati i risultati di 50 casi. Tra questi, 41 sono stati trattati con psicoterapia ad orientamento psicoanalitico, 5 con psicoterapia cognitivo-comportamentale, 3 con terapia psicomotoria, 1 con terapia del gioco. La presenza di altri approcci oltre a quello psicoanalitico consente di effettuare un confronto anche tra diversi metodi.
L’analisi dei dati viene svolta a distanza di 2, 6 e 12 mesi dall’inizio della psicoterapia attraverso la valutazione e descrizione del paziente da parte del terapeuta all’inizio e alla fine del trattamento e attraverso diversi strumenti di misurazione (ad esempio, ECART-T-Echelle d’évaluation des comportements autistiques révisée-Lelord et al.1987; Barthélémy et al. 1997; GRCEEAIT-Grille de repérage clinique des étapes évolutives de l’autisme infantile, Haag G, et altri 1995); CPQ-set-Child psychotherapy Q-set, Schneider & Jones 2006).
Dai risultati fino ora pubblicati emerge che in 12 mesi i comportamenti autistici e i comportamenti che ostacolano le possibilità di entrare in relazione con l’altro si riducono, c’è una maggiore capacità di regolazione delle emozioni e l’acquisizione di nuove abilità. Si assiste ad una progressione del vissuto affettivo e dell’espressione delle emozioni oltre ad una migliore modalità di relazione del bambino con il proprio terapeuta.
Al fine di comparare le evoluzioni dei casi osservati, i soggetti del campione sono stati suddivisi in tre differenti classi di età 3-6 anni (25 soggetti), 7-11 anni (17 soggetti) e 12-15 anni (8 soggetti). Nel gruppo dei pazientini più piccoli, sembra esserci un maggiore beneficio nel trattamento laddove si instauri una buona alleanza con il terapeuta e laddove vi sia la possibilità di costruire una rete sociale solida e contenitiva, in accordo con un ambiente famigliare non conflittuale. Si riscontra un’evidente acquisizione di abilità fondamentali (relazione, sguardo, scambio, pulizia, immagine di sé, linguaggio, disegno,stereotipie e gioco, temporalità).
Nel secondo gruppo, si riscontra una minore evoluzione solo in cinque dei casi analizzati (su 17), nonostante la presenza di una buona alleanza terapeutica e di una rete sociale di supporto. Per i restanti casi (il 70%), a distanza di 1 anno è emersa una riduzione significativa dei sintomi e comportamenti autistici e un’acquisizione evidente di abilità fondamentali.
Per l’ultima fascia di età, si può affermare che tutti hanno proseguito un evoluzione positiva rispetto a sintomi e comportamenti autistici, sviluppando anche interessi sociali relativi ad esempio a scuola, lettura, o musica.



(A cura della dott.ssa Aurora Polito – Psicologa, Psicoterapeuta dell’Infanzia, dell’Adolescenza e della Famiglia, Socia Psifia)


Per ulteriori dettagli e aggiornamenti sulla ricerca si può visitare il sito: https://autismoricercainserm.wordpress.com/